Possiamo definire allora il Campo come quello spazio quantico, magnetico, invisibile, senza tempo e senza spazio, dove ogni movimento, frase o trasformazione, viene assimilata da tutti coloro che partecipano entrando in risonanza. La risonanza è come una specie di onda che trasferisce informazioni senza bisogno di comunicarle verbalmente e si trasmette come una vibrazione a tutti i componenti presenti in quel momento in campo, come una presenza viva e disponibile. Ad ogni variazione nel campo, i componenti del gruppo percepiscono le emozioni, le sensazioni ed i sentimenti di un individuo appartenente al gruppo, che lo conoscano o no.
L’indagine Fenomenologica
“Tutto ciò che si trova nel profondo dell’inconscio ende a manifestarsi al di fuori”.(Carl Gustav Jung)
Per rendere visibile il campo morfico, entrare in risonanza con la coscienza collettiva (invisibile in quanto non materia) si utilizza la così chiamata “indagine fenomenologica”. Questo è un metodo di indagine degli eventi accaduti, di tipo “fainomai” (che dal greco viene inteso come manifesto, appaio). È un’indagine che si basa sulla sospensione del giudizio. Ciò significa che non per forza dobbiamo accettare come verità pura quello che succede, ma a volte, restare anche nel dubbio.
Sapendo che ciò che percepisco con i sensi e quello che mi appare non per forza deve essere identico a ciò che è successo, dobbiamo semplicemente osservare il comportamento di coloro che rappresentano il problema per dare voce e corpo a ciò che viene indagato, concentrandoci sugli eventi che appaiono, senza giudicare e senza soffermarci su qualcuno in particolare.
Hegel diceva che “La fenomenologia è la scienza della coscienza” ed è caratterizzata da uno squilibrio tra il sapere e la verità.”
Per Husserl il concetto fondamentale era l’intenzionalità, l’esigenza di una fedeltà ai fenomeni alla riscoperta di un’esperienza liberata da tutte le incrostazioni che i pregiudizi hanno depositato in in essa. Per lui “l’esperienza non si dimostra ma si mostra” nella sua purezza.
Grazie alla così chiamata “riduzione fenomenologica”, l’intero mondo viene ridotto a pura essenza. “La fenomenologia è una scienza dei puri fenomeni che si donano incessantemente alla coscienza”.
Nell’approccio delle costellazioni ci si concentra sugli eventi fenomenici che ci appaiono con uno “sguardo puro”, privo di giudizi, preconcetti e intenzioni. È come un ritorno alle cose stesse, all’essenza.
Brevi cenni sulla Psicogenealogia
Il termine di Psicogenealogia è stato riconosciuto alla psicanalista francese Anna Ancelin Schutzenberger, partita inizialmente dall’idea di Alejandro Jodorowsky.
Con il termine “psicogenealogia” ha voluto definire “un metodo di indagine con strumenti di lavoro che provenivano da diverse fonti per identificare le influenze degli antenati sulla vita dei discendenti in modo da risolvere i conflitti posti dalle loro influenze”.
La psicogenealogia, chiamata anche ricerca transgenerazionale, intende considerare il progetto di vita di una persona come frutto dei compiti di compensazione del destino familiare, che ha ricevuto fin dal momento del concepimento. Lo strumento principale della psicogenealogia è il genogramma o il genosociogramma, che “ci permette di comprendere il funzionamento del sistema familiare secondo un’ottica sistemica, di valutare le connessioni da un punto di vista intergenerazionale. Grazie alla lettura di un genogramma si scoprono le dinamiche del funzionamento del nostro albero genealogico, cosa che rende possibile sciogliere quelle ragioni inspiegabili tra le quali: ripetizioni di incidenti in corrispondenza a certe date, alla possibilità di fallire ripetutamente nel lavoro nonostante l’impiego e competenza, la non riuscita di avere figli o di mantenere i rapporti con un partner, Il ripetersi ciclicamente di avvenimenti. Questa cosa ci aiuta a sciogliere i blocchi e le resistenze, le paure e le insoddisfazioni ma anche alcune malattie. Il nostro albero genealogico ci fornisce tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno per poter iniziare un processo di liberazione personale, abbandonando i nostri conflitti per il raggiungimento di un livello di sviluppo naturale che purtroppo manteniamo represso.” (Anne Schutzenberger).
I conflitti non risolti all’interno delle nostre famiglie si riflettono nelle nostre difficoltà. Dal nostro arrivo al mondo, i genitori hanno proiettato su di noi ogni tipo di desiderio affettivo o intellettivo che finisce nel programmare la nostra vita.
I bambini non possono fare altro che accettare quello che gli viene passato, di identificarsi con queste proiezioni che poi si trasformano in una responsabilità pesante che li accompagnerà per il resto della vita.
Se prendiamo coscienza che, il più delle volte, le nostre espressioni, le nostre credenze, i nostri pregiudizi e le nostre paure non sono nostre, ma che appartengono ai nostri antenati, e noi per amore le riproduciamo fedelmente: solo allora potremmo modificare il nostro linguaggio, i nostri atteggiamenti ed il nostro modo di porci di fronte agli altri.
“In maniera del tutto inconsapevole, i nostri genitori, i nostri nonni, i nostri avi, ci lasciano in eredità problemi non risolti, traumi non “digeriti”, segreti indicibili. Quando le cose non vengono dette, il corpo deve per forza esprimerle: questa è la somatizzazione. Il corpo del bambino, figlio, nipote o pronipote, qualunque sia la sua età, si trasforma nella voce dell’antenato ferito nella “parola” del suo trauma. Diventa allora necessario “tirare fuori lo scheletro dall’armadio” e decodificare le ferite non rimarginate per poi occuparsene, per liberarsi infine dal freddo che ci hanno portato dentro.” (Anne Schutzenberger).
Lavorando sull’ albero genealogico, vedendo e prendendo coscienza, possiamo imparare a fare delle deprogrammazioni che ci permetteranno di superare queste identificazioni con personaggi dell’albero e liberarci dalle situazioni di sottomissione. Per fare questo, dobbiamo entrare in risonanza con l’inconscio dell’albero genealogico.